lunedì 20 settembre 2010

E SE IL FUTURO DEL TURISMO FOSSE IL PASSATO?

domenica 19 settembre 2010


L’importanza dei piccoli alberghi e PMI turistiche


Lo so, lo so, ci vogliono anni e anni per raggiungere delle, diciamo, buone conoscenze del settore alberghiero, e che nessun pur bravo professore riuscirà mai a darti.


Se poi studi e “cresci” solo in Italia; beh, tanti auguri.


Gli ultimi dati sul valore delle nostre università sono qui e così ci si può fare un’idea di ciò che ci aspetta, mentre meglio non va in “quelle” che insegnano il turismo, anzi.


Invece per far comprendere la “bravura” degli operatori del settore nazionale, beh; basta ricordare che la prima catena alberghiera (Jolly Hotels) italiana, che pur non appariva nelle primissime posizioni mondiali, è stata venduta agli spagnoli alcuni anni fa.


La compagnia cantando, qui nello stivale, si limita a ben poco, e l’unica cosa in cui eccelliamo; è nel bla bla bla.


Quindi le nuove leve possono più che altro imparare l'arte del dire (bla bla bla) mentre le altre nazioni con dei professionisti più taciturni ma più capaci, ottengono il FARE.


E sono veramente in pochi i responsabili che hanno una cultura (lavoro di anni) diretta in quasi tutti i “compartimenti” dell’hotel, mentre la maggioranza di questi si sono formati in alberghi di piccole dimensioni; al massimo 50 stanze.


Ancor di meno (sulle dita delle mani) sono coloro che hanno maturato questa esperienza sia nelle PMI (piccole medie imprese) che nei mega hotel, e c’è da crederci se dico che a beneficiarne siano state le grandi catene alberghiere.


E’ per questo che quando leggo o sento delle disamine da parte di “magnifici” docenti, luminari, oppure da parte degli esperti AD o GM delle più grandi catene alberghiere nei confronti dei singoli hotels minori senza neanche saperne le più semplici basi; beh, sorrido e immancabilmente scuoto la testa rinnegandoli a mo di pendolo.


No, non ci siamo; qiesti sono i professori di qualche minuto e purtroppo non ascoltati solo qualche sciocco ascoltatore, ma ce né tanti.


C’è chi i “piccoli” li vede male, nel senso che non li sopporta e crede siano la “calamità” del nostro turismo, mentre tant’altri che non hanno il coraggio d’ammetterlo in pubblico durante le loro noiosissime riunioni; in disparte e nascosti da orecchie indiscrete, nei corridoi, nelle cene o dove tu vuoi, cercano “inutilmente” di convincerti di questa str…anezza.


Giancarlo Dall’Ara nel 2009 ha proposto un Manifesto per la difesa e la valorizzazione delle piccole strutture ospitali italiane, che potrebbero e dovrebbero tranquillamente sopravvivere di fianco alle grandi, e di cui condivido anche la punteggiatura.


Proprio tutto.


Eccolo qua suddiviso in 10 segmenti:


1. Un piccolo albergo non è un grande albergo rimpicciolito, ma va gestito secondo regole proprie.


2. Il gestore di un piccolo albergo è come un artigiano che, se ha puntato sulla qualità dei servizi ha di norma un atteggiamento vocazionale, basa il proprio successo sul mestiere, sulla flessibilità e la capacità di gestione dell’imprevisto come doti naturali, le stesse doti che caratterizzano il modello imprenditoriale italiano.


3. I risultati gestionali di una piccola struttura sono più il frutto del lavoro del gestore, degli interventi strutturali che è riuscito a realizzare, delle sue capacità di animazione, che della pubblicità o del marketing tradizionalmente insegnati a scuola.


4. A differenza di quanto accade nei complessi grandi, il cuore dei piccoli alberghi non è la camera, ma è il gestore stesso, spesso la sua famiglia, i suoi hobby, oppure può essere la cucina, l’atmosfera che caratterizza la “casa”.


5. Un piccolo albergo non è solo un servizio ai turisti, ma è anche un presidio sociale e culturale di un territorio, come si vede facilmente nelle realtà che oggi si trovano ad avere distese di residence, al posto degli alberghi.


6. Un albergo piccolo, più di un grande, è in grado di offrire l’essenza dell’ospitalità, che è data dalle relazioni umane.


7. Un piccolo albergo assai più di un grande è in grado di offrire l’atmosfera ed i prodotti di un territorio e di esprimerne la cultura.


8. Più di ogni altra struttura un piccolo albergo possiede un’anima, un’identità.


9. Per sopravvivere ed essere competitivi i piccoli alberghi hanno bisogno di normative, regolamenti e classificazioni proprie, diverse da quelle dei grandi alberghi.


10. I piccoli alberghi hanno bisogno di operare in un clima di fiducia, non in un clima amministrativo eccessivamente burocratizzato.


C’è da ricordare che la legge quadro sul turismo dice testualmente che la Repubblica “sostiene il ruolo delle imprese operanti nel settore turistico con particolare riguardo alle Piccole e Medie Imprese”.


E’ il momento di passare ai fatti, ma campa cavallo … con la Brambilla di mezzo, gli assessori regionali al turismo che neanche sanno di cosa si stiamo parlando e i “Grandi” delle associazioni, enti, sindacati, eccetera eccetera che ... vabbè, lasciamo perdere.


In Italia è diffuso un vero e proprio pregiudizio secondo il quale un albergo “piccolo” è sinonimo di “diseconomico”, di “grande incompiuto”, e spesso “di bassa qualità”.


Le normative non distinguono tra piccolo e grande, così chi ha meno di 20 camere deve realizzare adeguamenti previsti per chi ha oltre 100 camere; non esistono incentivi su misura per la riqualificazione, né esistono sistemi di classificazione ad hoc per i piccoli.


Il risultato è che le piccole imprese ricettive, l’ossatura del sistema di accoglienza made in Italy è in crisi.


Regioni come la Liguria e la Romagna hanno visto chiudere centinaia di alberghi in pochi anni, nel più assoluto disinteresse.


O forse voluto da qualche banca con “poteri” anche politici che si sta prepotentemente inserendo in questo contesto; mah?


Meno ce né e meglio è, potrebbe pensare qualcuno, ma anche in questo caso sono str…anezze.


Le catene alberghiere italiane si dibattono tra l'esigenza di crescere, ed i prezzi impraticabili (sia dell'affitto che dell'acquisto) delle strutture disponibili in Italia, a causa di valori immobiliari innavicinabili e G.O.P. dell'attività alberghiera in contrazione.


In realtà la diffusione delle catene sta incontrando più ostacoli del previsto, e non per motivi di incompatibilità con la piccola impresa, tutt’altro. Le ragioni sono legate alla burocrazia e alla particolarità del sistema immobiliare italiano, e comunque il fenomeno non costituisce una minaccia per il modello locale. L’eventuale presenza di catene impostate su criteri di management può essere solo un vantaggio, può dar luogo unicamente a un clima competitivo più moderno, più inserito nelle regole di mercato. Ci sono molti stimoli, anzi, che possono provenire alle piccole imprese indipendenti dal ruolo giocato dalle grandi catene, sicuramente ci sarà una spinta verso nuovi concetti gestionali: dalla funzione marketing a quella di controllo di gestione, dall’organizzazione delle risorse umane alla qualità del servizio.


La stessa India che non è certo all’apice, per il momento, delle scelte turistiche del mondo, né tantomeno in quelle di grande esperienza turistica, ha redatto un piano che trovo molto allettante:


• Sussidi al settore alberghiero rivolto verso hotel a basso costo


• Emissione di Equity Capital a favore degli hotels


• Proposta di esenzione fiscale per 10 anni su tutti i progetti turistici per la quota di utile reinvestita in India.


Noi ?


Beh, noi da circa due anni abbiamo l’Enit commissariata dallo stesso presidente dell’Enit, e già questo la spiega lunga e c’avanza.


Poteri per poter fare i loro porci comodi e in più con l'aiuto (?); ma già non si può dire, sennò si corre il rischio di qualche denuncia ... pur avendo ragione e nonostante tutti sappiano che è proprio così.


Giancarlo Dall'Ara ... e me. ( LUCIANO ARDOINO )

giovedì 9 settembre 2010

A Bocca Larga : indagini telefoniche senza riscontro oggettivo



COMUNICATO STAMPA
ESTATE 2010: 70,3% ITALIANI IN VACANZA IN ITALIA
27,3% IN VACANZA ALL’ESTERO


PUGLIA LA PIÙ GETTONATA, MA BOOM PER VENETO ED ABRUZZO


BOCCA: “L’ITALIA TURISTICA CONFERMA IL SUO APPEAL


E L’OFFERTA REGIONALE AFFERMA LE PROPRIE PECULIARITÀ”


“Nell’estate turistica 2010, caratterizzata dalla netta divisione tra chi può permettersi un periodo di vacanza e chi no, portando il Paese a dividersi esattamente a metà, non possiamo mancare di enfatizzare come l’Italia turistica confermi il suo appeal e l’offerta regionale affermi le proprie peculiarità, che costituiscono poi la ricchezza reale del nostro sistema”. È quanto afferma il Presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, alla lettura dei dati previsionali sulle scelte turistiche estive degli italiani.


“Quasi 3 italiani su 4, tra coloro che hanno già fatto o stanno consumando le loro vacanze -prosegue Bocca- hanno scelto l’Italia quale meta ideale per trascorrere un meritato periodo di riposo.


“Un segnale forte del gradimento che i nostri connazionali dimostrano -sottolinea il Presidente degli Albergatori italiani- per uno dei Paesi più belli del mondo e per il rapporto qualità-prezzo che le strutture turistiche sono in grado di offrire”.


QUANTI IN ITALIA ED ALL’ESTERO – Il 70,3% di italiani ha scelto o sta scegliendo l’Italia per le proprie vacanze estive e l’estero è scelto invece dal 27,3%.


Per chi va all’estero le Grandi Capitali europee fungono ancora da elemento catalizzatore con il 44,6% della domanda (rispetto al 45,7% del 2009).


Perdono fascino le Grandi Capitali extraeuropee (10,7% rispetto al 17,1% del 2009) con il calo in prima linea di New York a causa dell’apprezzamento del Dollaro rispetto all’Euro degli ultimi mesi.


Crescono fortemente le località marine ed esotiche con un 22% di domanda (rispetto al 16,4% del 2009), con il Mar Rosso che assorbe da solo quasi il 25% dei flussi, seguito dalle Canarie.


Continua a consolidarsi infine la quota di mercato di quanti scelgono una crociera passando dal 4,3% del 2009 al 6% di quest’anno e cresce anche la montagna all’estero che dal 2,1% del 2009 sale addirittura al 4,2% di quest’anno.


LE REGIONI PIÙ GETTONATE – La Puglia mantiene anche quest’anno la leadership della classifica tra le regioni più gettonate dagli italiani per le vacanze estive.


La quota di domanda si attesta sul 10,6% (rispetto al 10% del 2009).


Seguono a ruota la Sardegna (9,7% rispetto al 9,6% del 2009), la Sicilia (8,8% rispetto all’8,5% del 2009), e l’Emilia Romagna (8,3% rispetto al 10% del 2009).


Tiene la Toscana con l’8,3% rispetto all’8,5% del 2009.


Esplode il Veneto che incrementa di quasi il 100% la propria quota di mercato, passando dal 4,1% del 2009 all’8,1% di quest’anno.


Stesso rimarchevole aumento esponenziale lo registra l’Abruzzo che cresce di oltre il 130% passando dall’1,5% di quota di mercato di italiani del 2009 al 3,5% di quest’anno, a conferma che la Regione dopo il terremoto gode ampiamente dei favori turistici degli italiani.


Una crescita altrettanto importante si evidenzia per la Campania che passa dal 3,1% del 2009 al 4,2% di quest’anno a conferma che il problema prodotto dall’emergenza rifiuti è stato completamente superato.


I MOVIMENTI PER REGIONE DI PROVENIENZA – Sono 9 su 20 le Regioni italiane che producono a livello di indicatori statistici una movimentazione maggiore di turisti rispetto alle altre.


E tra esse, a seconda della collocazione geografica, è evidente la preferenza per la propria terra di origine o, anche in virtù della maggiore disponibilità economica, la predilezione per altri territori.


Così, mentre i meno fedeli alla loro terra di residenza si mostrano i lombardi, i laziali ed i piemontesi, i toscani (a sorpresa) questa estate stanno preferendo chiaramente i loro lidi e le loro montagne. Ma vediamo nel dettaglio i risultati dell’analisi.




LOMBARDI – Il 4,8% di chi fa vacanze estive rimane in ambito regionale (rispetto al 6,3% del 2009), mentre il 95,2% (rispetto al 93,7% del 2009) parte in direzione soprattutto dell’Emilia Romagna e della Sardegna.


LAZIALI – L’8,9% di chi fa vacanze estive rimane in ambito regionale (rispetto al 14,3% del 2009), mentre il 91,1% (rispetto all’85,7% del 2009) parte in direzione soprattutto della Sardegna.


PIEMONTESI – Il 15% (rispetto all’8,2% del 2009) rimane in ambito regionale, mentre l’85% (rispetto al 91,8% del 2009) parte in direzione soprattutto della Liguria e della Puglia.


CAMPANI – Il 23,4% (rispetto al 10,5% del 2009) rimane in ambito regionale, mentre il 76,6% (rispetto all’89,5% del 2009) parte in direzione soprattutto della Calabria e della Puglia.




EMILIANO-ROMAGNOLI – Il 33,3% (rispetto al 40,5% del 2009) rimane in ambito regionale, mentre il 66,7% (rispetto al 59,5% del 2009) parte in direzione soprattutto della Lombardia e del Veneto.


VENETI – Il 34,8% (rispetto al 20,5% del 2009) rimane in ambito regionale, mentre il 65,2% (rispetto al 79,5% del 2009) parte in direzione soprattutto dell’Emilia Romagna e del Trentino Alto Adige.


PUGLIESI – In perfetta parità è invece la quota dei pugliesi che per il 50% (rispetto al 37,5% del 2009) rimangono in ambito regionale, mentre il restante 50% (rispetto al 62,5% del 2009) parte in direzione soprattutto dell’Abruzzo e della Campania.


SICILIANI – Il 57,9% (rispetto al 59,4% del 2009) rimane in ambito regionale, mentre il 42,1% (rispetto al 40,6% del 2009) parte in direzione soprattutto della Lombardia e della Campania.


TOSCANI – Il 64,7% (rispetto al 33,3% del 2009) rimane in ambito regionale, mentre il 35,3% (rispetto al 66,7% del 2009) parte in direzione soprattutto della Lombardia e del Veneto